- 15 Dicembre 2023
- In Centenario, Convegni PLANit
- Tags comunicazione della scienza, planetari, sissa
A cento anni esatti dall’invenzione del planetario, l’enorme potenziale per la comunicazione della scienza di queste formidabili macchine è ancora in gran parte inespresso, con applicazioni e sviluppi il cui limite è – letteralmente – il cielo: possiamo riassumere così il senso della sessione “Il valore comunicativo dei planetari”, proposta mercoledì 29 novembre 2023 all’interno del programma ufficiale della tredicesima edizione del Convegno Nazionale di Comunicazione della Scienza, che si è tenuto alla SISSA, la prestigiosa Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati con sede a Trieste, dal 28 novembre al 1° dicembre.
Il convegno è organizzato a cadenza biennale dal Laboratorio Interdisciplinare per le scienze naturali e umanistiche della SISSA con il supporto di vari enti e istituzioni. Chiama a raccolta nel capoluogo giuliano i rappresentanti di tutte le professionalità che si occupano di comunicazione della scienza nei suoi diversi ambiti, dal giornalismo alla scuola, dai musei alle università e ai centri di ricerca, dall’editoria ai social media. L’obiettivo dichiarato è favorire il confronto tra studiosi e operatori del settore per riflettere sullo stato dell’arte e migliorare la qualità dei rapporti tra scienza e società.
Già in precedenti edizioni del convegno erano state proposte relazioni dedicate ai planetari, ma questa è stata la prima volta che a loro è stata riservata un’intera sessione, nel formato di un dialogo tra esperti del campo. L’incontro, ospitato nella nuova Aula magna della SISSA, è stato moderato da Dario Tiveron, presidente di PLANit – Associazione dei Planetari Italiani. Dopo aver ricordato che in Italia ci sono oltre un centinaio di planetari, frequentati ogni anno da circa mezzo milione di persone, ha sottolineato la cornice unica in cui inquadrare l’incontro: il centenario dell’invenzione del primo planetario moderno. Il primo prototipo di questa macchina venne infatti presentato il 21 ottobre 1923 a Monaco di Baviera, mentre il primo spettacolo aperto al pubblico fu proposto il 7 maggio 1925, sempre nella città bavarese. Per l’occasione, l’International Planetarium Society e altri enti, pubblici e privati, hanno promosso una grande iniziativa mondiale per festeggiare l’anniversario dal 2023 al 2025.
In cento anni la tecnologia con cui sono realizzate queste macchine è cambiata drasticamente, passando dai planetari elettro-opto-meccanici di inizio ‘900 (con lampadine e lenti per riprodurre la volta celeste, ingranaggi per ricostruire i movimenti degli astri) ai proiettori digitali del XXI secolo (dove i corpi celesti sono simulazioni realizzate da potenti PC). Tuttavia, è rimasta identica la reazione di chi partecipa a uno spettacolo in planetario, cioè lo stupore e la meraviglia, ha detto Stefania Ferroni, direttrice della didattica di LOfficina, associazione che ha in gestione le attività pubbliche, scolastiche e tutti i servizi accessori del Civico Planetario “Ulrico Hoepli” di Milano, dotato di uno storico proiettore elettro-opto-meccanico del 1968. Ha voluto parlare esplicitamente di persone che ‘partecipano’ e non ‘assistono’ allo spettacolo perché si tratta di un’esperienza collettiva basata sulla condivisione: quando cala il buio e compaiono le stelle, vivere il momento in tanti, insieme e di persona, produce entusiasmo ed emozioni che non travolgono, ma piuttosto rendono più incisiva ed efficace la presentazione dei contenuti scientifici.
Contenuti che non vanno individuati arbitrariamente dai responsabili dei planetari, secondo il vecchio modello top-down di comunicazione della scienza, anzi è bene che siano elaborati con tutti i portatori di interesse di riferimento per ogni attività, ha spiegato Simona Romaniello, astrofisica e comunicatrice, da un decennio coordinatrice dell’ufficio didattica e divulgazione di Infini.to – Planetario di Torino e Museo dell’Astronomia e dello Spazio “Attilio Ferrari”. Grazie alla co-progettazione, infatti, vengono soddisfatte le esigenze di un particolare segmento di pubblico. Chi conosce meglio le necessità didattiche di una scolaresca, se non i docenti e gli studenti stessi? Quindi si possono preparare spettacoli insieme, sulla base delle loro richieste. Grazie ai planetari digitali è possibile perfino improvvisare, con il planetarista che chiede al pubblico di decidere la meta astronomica verso la quale dirigersi, oppure, durante una recita o un concerto in planetario, che sceglie in diretta che cosa proiettare sulla base dell’atmosfera e dell’ispirazione (in questo caso si potrebbe parlare di… planet-artista).
Nessuno deve sentirsi escluso quando si trova sotto la cupola di un planetario (e auspicabilmente anche fuori). Il progetto presentato da Paolo Calcidese, ricercatore scientifico e responsabile della didattica e della divulgazione all’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta e al Planetario di Lignan, riguarda uno spettacolo astronomico per la scuola primaria, attualmente in fase di sviluppo, dove a illustrare il cielo insieme all’operatore c’è l’automa Pepper della ditta SoftBank Robotics. Alto 120 cm, questo robot umanoide semovente, opportunamente programmato, può interagire con le persone in modo all’apparenza naturale: guarda l’interlocutore in volto, identifica le principali emozioni, comunica attraverso un dialogo vocale mentre il touch screen sul petto mostra immagini che rafforzano i messaggi. Queste caratteristiche favoriscono il coinvolgimento dei più piccoli, spontaneamente curiosi di fronte a un essere così simile a loro e allo stesso tempo così diverso. In particolare, attira l’attenzione di bambine e bambini che hanno difficoltà di relazione con i pari età, ma che paiono avere un elevato grado di accettazione nei confronti di questa macchina, in un’inedita miscela tra intelligenza artificiale e empatia umana.
In conclusione, Dario Tiveron ha ricordato come l’orizzonte dei planetari, grazie ai continui avanzamenti della tecnologia, si sia definitivamente ampliato rispetto all’originale ambito della sola astronomia. Le proiezioni immersive permettono la didattica di tante discipline scientifiche, proponendo viaggi al centro della Terra, attraverso il corpo umano, nella cellula vivente; sono utilizzate dai ricercatori per visualizzare dati scientifici; sono laboratori per la sperimentazione artistica, attività esperienziali, promozione commerciale… Perché questi sviluppi avvengano in modo armonioso e organico, è importante che ci sia consapevolezza sul valore comunicativo dei planetari e la sessione del convegno è stato un importante passo in avanti in tale direzione.
Nella discussione finale con il pubblico in Aula magna, Fabio Pagan, giornalista scientifico tra i più importanti in Italia e co-fondatore dello storico Master in Comunicazione della Scienza della SISSA, ha posto una domanda sui fondi necessari per il funzionamento e la gestione dei planetari. Dalle risposte di relatrici e relatori è risultato chiaro che ogni struttura fa storia a sé, ma in tutte sono presenti conoscenze e competenze di alto livello, che costituiscono un patrimonio difficilmente quantificabile: un altro esempio del valore, nel senso più ampio del termine, che è custodito nei planetari.
– Andrea Ettore Bernagozzi